IT e Italia: ancora in crisi servizi, hardware e software.

Assintel parla chiaro: il settore IT italiano non è uscito dalla crisi, e continua a soffrire di un calo di fatturato e richiesta che in altri paesi europei e in Nord America le aziende si sono lasciate già alle spalle.Un calo del 7.6 % nel corso del 2010 per il comparto dell’Information Technology italiano.

A pesare di più sono il mercato hardware, che registra un calo del 18,6% e quello dei servizi IT, che tuttavia contiene le perdite, con un calo del solo 3,8%.Giorgio Rapari, presidente di Assintel non ha usato mezze parole per esprimere la sua preoccupazione di fronte ad un contesto che ci vede migliorare molto lentamente: “I numeri della crisi dell’IT italiano ci dicono che il nostro sistema sta arrivando ad un punto rottura: occorre cambiare registro, puntando su una vera e complessiva Innovazione di tutta la struttura socio-economica. Per fare questo serve un nuovo modello di coesione, a partire dalla rappresentanza imprenditoriale per arrivare ad un nuovo patto sociale per la crescita. E la politica deve fare la sua parte“.

Siamo fermi ad un fatturato complessivo del settore di 19,721 Miliardi di Euro, 1 miliardo di Euro in meno rispetto al 2009. La spesa delle aziende cala, in attesa che l’economia del paese riprenda a marciare. Unico dato positivo sembra giungere dal mondo software, che fa registrare un netto 2.4% in più.

Ad essere colpito maggiormente il settore business, non quello consumer, che pur con una crescita inferiore agli anni scorsi, perde meno e soprattutto ha più speranze per una rapida ripresa. Serve innovazione per uscire dalla crisi dell’IT italiano, soprattutto di fronte agli altri paesi europei, rispetto ai quali registriamo una crescita peggiore e soprattutto una lenta risalita dalla crisi che colpisce tutti i servizi legati all’information technology.

WordPress. Utilizzo e distribuzione. Un infografica vale più di mille parole

Questo articolo nasce sull’utile indagine fatta da Yoast.com riguardo l’utilizzo e la diffusione della piattaforma WordPress.

Da parte nostra è superfluo dire che SIAMO DI PARTE.

Nati da esperienze con PHPnuke agli albori del 2000, passando per il promettente Mambo e il suo (deludente) successore Joomla, valutando con ponderatezza la bontà di Drupal, ma anche di altri CMS minori e soluzioni commerciali.

Uno schieramento basato non sulla simpatia o su una religione ma sull’effettiva bontà del prodotto valutato e comparato nel corso di oltre un decennio.

Malleabile, con decine di migliaia di plugin, un sistema di templating evoluto e facile da gestire, manutenzione indolore ed immediata in pochi semplici click, tecnologicamente raccomandato per avere un ottima indicizzazione, open source e gratuito.

Più che meritatamente si aggiudica oltre il 50% della fetta di mercato dei CMS.

 

Diffuzione WordPress

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I 30 plugin wordpress più utilizzati

WordPress è un sistema open source per la gestione che agisce come un efficace strumento di pubblicazione. Viene fornito con impostazioni predefinite diverse e funzionalità, che permette agli utenti di creare e mantenere un blog o un sito web comodamente. WordPress è sviluppato in PHP con database MySQL come backend.

WordPress è un sistema di blogging ampiamente utilizzato su Internet oggi. Alcune delle sue funzionalità avanzate includono una facile installazione di software e upgradations a versioni più recenti, la protezione con password di tutti i messaggi, i commenti da parte dei visitatori, protezione anti-spam, progetti di risparmio, l’anteprima dei messaggi, più autori con differenti privilegi, temi, collegamenti, bookmarklet, a più pagine postes, importazione struttura e molti altri.

Dal momento che WordPress è un sistema open source, gli utenti possono estendere le proprie capacità e usarlo secondo le loro esigenze. WordPress è costituito da centinaia di plug-in che consentono di raggiungere questo obiettivo. Con l’aiuto di plugin, è possibile estendere le prestazioni e le funzionalità di WordPress. Caratteristiche personalizzate e le funzioni del plugin facilitare gli usi di personalizzare il loro sito, a seconda delle esigenze specifiche. Ulteriori informazioni sui 30 plugin di WordPress più popolari in questa infografica.

plugin-wordpress-popolari

Virtual Hosting. Limiti, Pro e Contro di un hosting condiviso

hostingAlbert Einstein disse “Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna“.

Se volessimo parlare di Virtual Hosting o Shared Hosting a nostra nonna o ad un utente non troppo tecnico, potremmo fare un paragone con il vivere in condominio.

Comprare un hosting condiviso sta al vivere in appartamento in un condominio come un VPS o un server dedicato stanno alla casa o alla villa.

Mentre un condominio (server) può contenere centinaia di siti (appartamenti) appartenenti a diversi proprietari con diverse esigenze, un VPS o un Server Dedicato è una casa o una villa di un unico proprietario.

Molto spesso il vantaggio dello scegliere un hosting condiviso è derivato esclusivamente di un minor costo annuale ed una gestione outsourcing tutto incluso di tutta la parte sistemistica nella gestione di tutti i servizi (web, mail solitamente) senza costi aggiuntivi.
Vien dunque da chiedersi, perchè esistono aziende che dopo un’accurata analisi decidono di intraprendere la strada del server dedicato o del VPS (Virtual Private Server n.d.t.), quando l’hosting condiviso sembra esser la panacea di tutti i mali a costi decisamente irrisori che oscillano dai 10 ai 50 euro l’anno ?

La risposta è che ogni soluzione comporta dei vantaggi e degli svantaggi e ogni strumento ha una determinata funzione in relazione all’obiettivo da raggiungere.

Se continuassimo dunque il parallelismo tra hosting condiviso e vivere in condominio ci troveremo di fronte alle seguenti limitazioni.

  •  Condivisione delle risorse tra i vari “abitanti del server”.
    Come in condominio esistono delle risorse condivise in cui l’utilizzo non è garantito al singolo utente ma appunto condiviso tra i vari ospiti che sono presenti sullo stesso server.Avere risorse condivise consiste nell’impossibilità di determinare e prevedere quali e quant risorse saranno disponibili in un preciso momento. Non ci è dato infatti sapere quali risorse allocheranno gli altri ospiti del server e quante ne rimarranno disponibili per noi. Ciò può determinare inefficienza del nostro sito web (imputabile a colpe non nostre) o addirittura indisponibilità delle risorse che si traduce in lentezza del sito fino ad arrivare alla non visibilità.
  • Minor grado di sicurezza.
    Come in condominio, la sicurezza del nostro sito web viene messa a dura prova nonostante le accortezze prese in fase di sviluppo. E’ infatti cosa comune (sopratutto in hosting condivisi standard che non hanno attuato un sistema di separazione privilegi) che violando la sicurezza di un hosting condiviso (appartamento), si possa violare la sicurezza degli altri siti ospitati nello stesso server (ovvero altri appartamenti).
  • Limitazione nella libertà di scelta per modifiche tecniche.
    Come in condominio, non si ha la possibilità di fare modifiche sostanziali. Potete scegliere come arredare il vostro appartamento, ma non potrete ad esempio decidere da soli di come ritinteggiare l’intero stabile, di installare un ascensore più grande, o di installare una sedia scorrevole per salire le scale senza aver prima ascoltato il parere e ricevuta l’approvazione degli altri condomini.
    A livello sistemistico ciò potrebbe significare che nel caso vorreste fare modifiche sostanziali per (aggiornare, migliorare) il vostro sito come ad esempio installare un cacher, aggiornare la versione dell’interprete PHP, installare moduli PHP personalizzati, cambiare Webserver (ad esempio il performante NGINX al posto del classico Apache), non avrete nessun margine di manovra. Dovrete cioè accontentarvi di ciò che normalmente è lo standard in ambito hosting, e che di default l’hoster fornisce.
  • Elevata probabilità di finire in blacklisting
    Può capitare che qualora un utente sul nostro server decida di inviare newsletter non idonee, o qualche hacker lo faccia a suo posto al fine di fare spamming (magari dopo che è stato oggetto del furto delle password di posta). A quel punto le liste antispam di tutto il mondo segnaleranno l’IP in oggetto (su cui siamo anche noi) come malevolo e non riusciremo più per un arco di tempo che normalmente oscilla tra le 3 e le 12 ore a recapitare le nostre email.

Scegliere un hosting condiviso dunque significa in pratica “affidarsi alla sorte”, laddove sorte significa appunto la casualità o meno di imbattersi in un server con “coinquilini” rispettosi che siano in grado di non intasare il server (e dunque limitare le vostre performance) e un amministratore di sistema capace in grado di diagnosticare eventuali utenti problematici ed isolarli dai restanti clienti.

Viceversa scegliere un VPS o un server dedicato significa avere il controllo totale di tutto il server, del software a corredo nonchè della configurazione dei vari servizi.
E’ ovvio che gestire un servizio dedicato (sia esso Virtuale o Dedicato) comporta un dispendio di risorse (anche economiche) maggiore a vantaggio appunto di una libertà totale nonchè l’evitare tutti quei contro pocanzi elencati.

Con l’avanzare degli anni però, con la nascita di servizi managed si può realmente disporre di servizi ottimali configurati ad-hoc in base alle esigenze del cliente a prezzi irrisori sopratutto per attività professionali.

Vien da chiedersi infatti quale possa essere il problema nell’investire (investire, non spendere badate bene) una cifra che oscilla sulle 500 euro annuali ad un azienda che vende online o offre servizi professionali e deve attenersi a standard qualitativi ben più elevati dell’utente privato o del ragazzino che ha un sito internet per hobby.
Oltretutto disponendo di un servizio dedicato si può avere garanzie di intervento e un’assistenza più immediata che giustamente non si può pretendere (ne viene menzionata nei soliti contratti) in un servizio hosting condiviso di tipo best effort.

Riassumendo dunque :

Con l’espressione hosting condiviso (in inglese shared hosting) si intende la forma classica di hosting in cui un unico server è destinato ad ospitare una pluralità di siti web (a volte anche diverse centinaia se non addirittura migliaia) appartenenti a diversi titolari.

Nell’hosting condiviso tutti i siti web presenti sullo stesso server devono, ovviamente, condividere le capacità e le risorse della stessa macchina con il rischio che i problemi di un singolo sito web si riflettano anche su tutti gli altri.

L’hosting condiviso è la scelta tipica per siti web a basso traffico oppure destinati ad un uso non professionale. Per chi fa business con internet ed ha bisogno di garanzie di continuità di servizio potrebbe essere preferibile un hosting dedicato.

Aprire o non aprire un ecommerce ? Questo è il dilemma.

Il mercato dell’ecommerce è un mercato sempre in forte crescita. I rischi sono molti però ed i risultati non sono mai certi pur essendo facilmente abbagliati dalle potenzialità del commercio elettronico, se non si pianifica a puntino tutto ciò che è bene fare e non fare.
Detto questo, si può dire che non esiste di fatto un “momento giusto” ma piuttosto un “modo giusto“.

Che succede in Europa ?

Secondo la ricerca del Centre of Retail Research commissionata da Kelkoo, le vendite online sono salite del 22% in Europa nel 2009 e dovrebbero salire del 20% nel 2010.
In Francia il picco è salito addirittura del 33% confermando quello che sembra essere una nuova tendenza europea.

E in Italia ?

Il nostro paese manco a dirlo risulta agli ultimi posti in classifica.  Se ad esempio in Gran Bretagna il 9,5% delle vendite sono state online, in Italia siamo ad uno scarso 0,8%.

Come mai tutta questa differenza ?

Essenzialmente i motivi possono essere ricercati in due fattori :

Psicologico e tecnologico.

Psicologico perchè è vero che essendo un paese “vecchio” (nel senso buono del termine) molti degli acquisti vengono fatti alla vecchia maniera recandosi di persona dal solito venditore di fiducia da cui ormai dopo anni di fidelizzazione siamo magari anche amici preferendo (anche giustamente a volte) spendere qualcosa di più pur avendo il sollievo di un buon consiglio e la sicurezza di evitare grattacapi nella fase post vendita.
Oltretutto è ormai luogo comune che la rete sia insicura e che gli acquisti online siano spesso sinonimo di truffe, raggiri, fregature e mancanza di assistenza nel caso ci fossero inconvenienti una volta recapitata la merce.

Tecnologico perchè se è vero che un ecommerce si basa per sua natura su Internet è altrettanto vero che siamo un paese “del terzo mondo” in ambito di banda larga, con un digital divide enorme in cui si fa prima a “non usare internet” piuttosto che essere costretti a navigare snervantemente con connessioni dialup 56k.

Emerge dunque che la “tradizione” unita ai motivi psicologici e tecnologici portano l’imprenditore a fare scelte drastiche e spesso errate.

  1. La prima sbagliata è quella di non allestire un ecommerce.
  2. La seconda sbagliata è quella di allestirlo scegliendo soluzioni improvvisate e non professionali (risparmiando sui costi) che già al primo impatto non danno quella sicurezza e professionalità che il cliente ESIGE quando deve far fiducia a chi ancora non conosce.

Presentarsi con un ecommerce valido, funzionante, piacevole graficamente, ovvero PROFESSIONALE e non di carattere amatoriale è il primo passo verso un progetto che miri al successo.

Offrire solo dei prezzi vantaggiosi al giorno d’oggi non basta. Per conquistare la fiducia dei clienti bisogna puntare soprattutto sulla sicurezza e sulla semplicità dell’interazione tra l’utente e il sito.