Perchè cambiare la password predefinita del vostro router Alice e Fastweb : WiRouter KeyRec !

Come ben saprete per accedere alla vostra rete wi-fi bisogna immettere una key di autenticazione una volta era WEP oggi WPA2.
Questa chiave viene fornita di default e stampata su carta e inclusa nella confezione del router Telecom o Fastweb noleggiatovi dal fornitore ADSL.
Qualcuno si chiederà dunque : ma chi è che configura il nome della rete SSID e setta la chiave WPA nelle impostazioni predefinite del router ?
Sicuramente non è un essere umano a farlo, ma bensì un automa software che associa una WPA a un nome di rete (SSID) mediante un algoritmo proprietario.
Salvatore Fresta, italianissimo sviluppatore e ricercatore, ha surrogato il lavoro di numerosi reverse enginner e ricercatori di sicurezza come lui in un software chiamato WiRouter KeyRec.
Esso è scritto in linguaggio C, rilasciato sotto licenza GPL (codice sorgente aperto dunque) e permette di recuperare la password predefinita per la rete WiFi del vostro router.
Al momento sono supportati i modelli: Telecom Italia Alice AGPF, Fastweb Pirelli, Fastweb Tesley.
Tutto quel che serve è il SSID della rete per cui volete calcolare la password predefinita che potete passare sia a linea di comando sia da file.
Se avete ancora impostato la password di default dunque è VIVAMENTE CONSIGLIATO provvedere a sostituirne con una nuova da voi scelta.

Avviso agli utenti Fastweb : problemi SPAM.

Buona parte dei server SMTP di Fastweb sono ancora nelle blacklist di SpamCop. Anche Tiscali, AOL, Microsoft e Yahoo hanno iniziato il blocco. Per ridurre il problema abbiamo riconfigurato i server per accettare le connessioni indiscriminatamente dai server SMTP di Fastweb.

Non e’ una situazione ideale quindi preghiamo tutti gli utenti Fastweb di contattare il loro servizio assistenza per sollecitare una risoluzione DOVEROSA nei confronti dei loro clienti che oramai sono già tagliati fuori da molte reti SMTP di rilievo.

Si avverte che tale situazione può comportare la mancata consegna dei messaggi di posta in uscita indipendentemente dai nostri server ma in base alle regole antispam standard che si potrebbero trovare configurate nei mail server dei destinatari.

Si consiglia di utilizzare sempre l’IP pubblico e non il NAT di Fastweb che è la causa della maggior parte dei problemi di falsi positivi.

Musica di sottofondo nei siti Web ? Pessima scelta !

Inserire la musica come sottofondo dei siti è quasi sempre una cattiva idea.

Ci sono delle ovvie eccezioni: ad esempio siti di film, videogiochi o dove comunque il visitatore si aspetta (o vuole) una esperienza multimediale molto ricca.

In tutti gli altri casi, compresi quelli che possono essere definiti “siti emozionali”, inserire una musica di sottofondo è sconsigliabile per i seguenti motivi:

  1. E’ invadente: una musica in sottofondo di un sito può interrompere ciò che l’utente stava precedentemente ascoltando. Molti infatti amano ascoltare la musica con il PC, o magari usano il microfono per parlare con altre persona usando Skype o MSN.
  2. La musica si riavvia ad ogni pagina: a meno che non usiate un frame nascosto o un javascript, la musica ripartirà da capo ogni volta che si cambia pagina, perchè in ogni pagina il componente che contiene la musica verrò ricaricato.Se decidete di optare per i frame o i javascript, avrete problemi decisamente più grossi della questione della musica: l’indicizzazione sui motori di ricerca nè risentirà, così anche il livello di usabilità e accessibilità del sito.
  3. Non tutti i browser e sistemi operativi supportano correttamente i contenuti multimediale: ci sono molti browser vecchi che possono avere problemi nel riprodurre la musica. Inoltre, se la musica è inserita in un componente Flash ad esempio, i computer Machintosh o Linux spesso non supportano il plugin di Flash correttamente su alcune versioni di browser.
  4. Tutto rallenta: avere la musica che suona di sottofondo può rallentare le performance del sito, specialmente su computer non molto potenti, o su portatili che vanno in modalità “risparmio energetico” per consumare meno batteria. Quindi la navigazione all’interno del sito può diventare più lenta del normale, con reazioni tutt’altro che positive nei visitatori.
  5. E’ poco professionale: avere una musica di sottofondo nei siti andava di moda a metà degli anni novanta, quando la multimedialità nel web era agli albori. Oggi una musica di sottofondo viene associata ad un sito amatoriale, quindi poco professionale, oltre ad essere una cosa obsoleta.
  6. C’è un motivo per cui la maggior parte dei siti non hanno la musica: è perchè hanno capito che è controproducente. Se ritenete che inserire la musica possa essere un qualcosa per distinguersi dagli altri, state attenti perchè non è sempre una buona idea. Solo perchè non avete mai visto un sito web con un gatto gigante al posto del cursore del mouse, questo non significa che voi dovete essere i primi a farlo.
  7. Non tutti potrebbero considerare gradevole quella musica: tutti i gusti sono gusti, una musica che per alcune persone viene considerata piacevole, per altri potrebbe essere noisa o fastidiosa.
  8. Avete mai navigato in un blog di myspace? Vi è mai capitato di visitare una pagina di myspace, mentre le vostre cuffie o le vostre casse strimpellavano musica fastidiosa, e di girare freneticamente per la pagina alla disperata ricerca del pulsante “stop”, perchè qualcuno aveva avuto la bella idea di inserire un “music player” in quell’abominio che la gente chiama profilo? A me si, e non è stata una bella esperienza.
  9. Consuma molta banda. Ormai la banda non è più considerata un grosso problema, perchè molte persone hanno ormai l’ADSL anche se ci sono ancora molte persone che non possono averla perchè la zona dove abitano non è servita. Ma più che altro, se avete un contratto di hosting web che prevede un limite di banda ed il vostro sito è molto visitato, rischiate di superare quel limite, e quindi vi ritroverete a pagare un costo aggiuntivo per il maggior consumo di banda.

Quattro conti in tasca ai professionisti Web. Perchè un sito internet non può costare 200 euro.

Girovagando per la rete spesso si è invogliati ad approfittare di quelle invitanti offerte in cui pubblicizzano la realizzazione di siti web a cifre molto economiche che si aggirano sui 200/300 euro o anche meno.

Ci sembrano prezzi privi di ogni giustificazione e privi di ogni fondamento logico quando la logica di base è quella di fare business e non di essere samaritani o kamikaze.

Prima di preventivare un prezzo ad un cliente dunque sarebbe opportuno e saggio chiedersi : quanto costa un’azienda che lavora nel web ?

Ecco in aiuto dunque uno spunto rielaborato, preso in prestito dal forum di Giorgio Taverniti, in cui si fanno “i conti in tasca” alle aziende che lavorano in campo multimediale/web.

Un’analisi rapida ma non banale sui costi che deve sostenere un’azienda da cui estrapolare criteri validi da considerare nello stilare un preventivo e nell’applicare un tariffario servizi.

Esso si riferisce naturalmente a chi lavora nel settore per professione e non per diletto o passatempo o per arrotondare altre entrate.
La situazione va analizzata con oggettività partendo da alcuni presupposti fondamentali che ogni azienda dovrebbe tenere in considerazione a prescindere dalla professione svolta.
Prima di tutto bisognerebbe ragionare pressapoco in questo modo: se la mia azienda (Web Agency) dovesse pagare una persona (perchè io non ho tempo oppure perché ho fondato l’azienda ma non ho le capacità tecniche), quanto mi costerebbe questa persona?
Lo vediamo subito (prima costo annuale, poi diviso x ora):
  • Costo stipendio = 1200 al mese per 13 mesi (il minimo per una persona preparata)
  • Incidenza fiscale e contributi circa 60% = 720 euro al mese per 13 mensilità
  • Investimenti (computer, programmi, ecc…): 4000 euro da ammortizzare in 2 anni = 2000 euro ogni anno
In pratica il nostro collaboratore (O NOI STESSI) ci costerà circa 27000 euro x anno.
Si ho detto noi stessi perchè noi andremmo pagati come se fossimo dei dipendenti dell’azienda, anche se è nostra. L’utile aziendale è un’altra cosa.
Mediamente una persona costante che lavora cinque giorni alla settimana per otto ore va a lavorare circa 1700-1800 ore per anno (tolte ferie e permessi).
Quindi se dividiamo 27.000/1.800= 15 euro di COSTO orario. Naturalmente andrebbero considerati anche i periodi morti che potrebbero capitare, i permessi malattia,  maternità, ecc…
A questo punto l’azienda deve avere il suo margine e deve ricaricare i 15 euro per un coefficiente che andrà a coprire tutti i costi generali e a generare l’utile d’impresa che poi sarà tassato.
Precisiamo che RICARICO è diverso da MARGINE:
  • un ricarico del 40% significa un margine del 28,57%. Es. un costo di 100+40%=140. In questo caso il margine si ottiene dividendo il margine di 40/140(il prezzo di vendita)x100 = 28,57%
  • un ricarico del 50% significa un margine del 33,33%. Es. un costo di 100+50%=150. In questo caso il margine si ottiene dividendo il margine di 50/150(il prezzo di vendita)x100 = 33,33%
Un’azienda sana che si possa permettere INVESTIMENTI per attrezzature e FORMAZIONE per fornire un servizio professionale non dovrebbe scendere sotto il 30% di margine (NON DI RICARICO!) sul proprio CORE BUSINESS. I servizi accessori possono seguire logiche diverse.
Alla fine, per avere un margine orario del 33%, dobbiamo vendere l’ora ad almeno 22,50 euro.
Ovvio che se abbiamo dei costi aziendali + alti (es. ufficio, telefono, luce, segretaria) va considerato e il costo si alza!
A questo punto ognuno si può fare i propri conti, aggiungendo eventuali servizi aggiuntivi, considerando che esistono imprevisti, spese di malattia, spese da sostenere in ambito legale, il rischio di impresa, insolvenze, ecc…
Per qualsiasi azienda è PERICOLOSO non fare questi conti. La maggior parte delle aziende che chiude, non è per sfortuna, ma perché tralascia questi elementari conti.

WordPress.com acquisisce Windows Live Space

La piattaforma per blog di Microsoft Live Space, nata nel 2004, alza bandiera bianca, si arrende a WordPress e cede tutti i propri account. Entro Marzo 2011 tutti i blogger di Live Spaces dovranno passare obbligatoriamente alla piattaforma WordPress.

Una grande vittoria per WordPress che si dimostra essere sempre di più la migliore soluzione per la gestione di blog e siti web. Addirittura Live Spaces che conta più di 30 milioni di utenti ed è un progetto del colosso Microsoft ha preferito chiudere gli investimenti nello sviluppo e attivare una partnership con WordPress per tutti i propri clienti.

Fra le motivazione del passaggio, il responsabile del progetto Live Spaces Mehta indica: le caratteristiche avanzate del CMS, la sua scalabilità, l’elevata protezione dallo Spam (del plugin Akismet) e l’elevata possibilità di customizzazione di moduli e template grafico.

Oltretutto va anche evidenziato che questo passaggio significa un’ulteriore vittoria dell’accoppiata (o meglio TRIO) Apache, PHP e MySQL sui suoi corrispettivi concorrenti e rivali Microsoft IIS, ASP e SQL Server.

Considerando che aziende del calibro di Amazon, Google, e Facebook hanno incentrato il loro business su PHP & MySQL snobbando totalmente le soluzioni Microsoft, si può dire con orgoglio che l’open source funziona !

IT e Italia: ancora in crisi servizi, hardware e software.

Assintel parla chiaro: il settore IT italiano non è uscito dalla crisi, e continua a soffrire di un calo di fatturato e richiesta che in altri paesi europei e in Nord America le aziende si sono lasciate già alle spalle.Un calo del 7.6 % nel corso del 2010 per il comparto dell’Information Technology italiano.

A pesare di più sono il mercato hardware, che registra un calo del 18,6% e quello dei servizi IT, che tuttavia contiene le perdite, con un calo del solo 3,8%.Giorgio Rapari, presidente di Assintel non ha usato mezze parole per esprimere la sua preoccupazione di fronte ad un contesto che ci vede migliorare molto lentamente: “I numeri della crisi dell’IT italiano ci dicono che il nostro sistema sta arrivando ad un punto rottura: occorre cambiare registro, puntando su una vera e complessiva Innovazione di tutta la struttura socio-economica. Per fare questo serve un nuovo modello di coesione, a partire dalla rappresentanza imprenditoriale per arrivare ad un nuovo patto sociale per la crescita. E la politica deve fare la sua parte“.

Siamo fermi ad un fatturato complessivo del settore di 19,721 Miliardi di Euro, 1 miliardo di Euro in meno rispetto al 2009. La spesa delle aziende cala, in attesa che l’economia del paese riprenda a marciare. Unico dato positivo sembra giungere dal mondo software, che fa registrare un netto 2.4% in più.

Ad essere colpito maggiormente il settore business, non quello consumer, che pur con una crescita inferiore agli anni scorsi, perde meno e soprattutto ha più speranze per una rapida ripresa. Serve innovazione per uscire dalla crisi dell’IT italiano, soprattutto di fronte agli altri paesi europei, rispetto ai quali registriamo una crescita peggiore e soprattutto una lenta risalita dalla crisi che colpisce tutti i servizi legati all’information technology.

WordPress. Utilizzo e distribuzione. Un infografica vale più di mille parole

Questo articolo nasce sull’utile indagine fatta da Yoast.com riguardo l’utilizzo e la diffusione della piattaforma WordPress.

Da parte nostra è superfluo dire che SIAMO DI PARTE.

Nati da esperienze con PHPnuke agli albori del 2000, passando per il promettente Mambo e il suo (deludente) successore Joomla, valutando con ponderatezza la bontà di Drupal, ma anche di altri CMS minori e soluzioni commerciali.

Uno schieramento basato non sulla simpatia o su una religione ma sull’effettiva bontà del prodotto valutato e comparato nel corso di oltre un decennio.

Malleabile, con decine di migliaia di plugin, un sistema di templating evoluto e facile da gestire, manutenzione indolore ed immediata in pochi semplici click, tecnologicamente raccomandato per avere un ottima indicizzazione, open source e gratuito.

Più che meritatamente si aggiudica oltre il 50% della fetta di mercato dei CMS.

 

Diffuzione WordPress

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Virtual Hosting. Limiti, Pro e Contro di un hosting condiviso

hostingAlbert Einstein disse “Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna“.

Se volessimo parlare di Virtual Hosting o Shared Hosting a nostra nonna o ad un utente non troppo tecnico, potremmo fare un paragone con il vivere in condominio.

Comprare un hosting condiviso sta al vivere in appartamento in un condominio come un VPS o un server dedicato stanno alla casa o alla villa.

Mentre un condominio (server) può contenere centinaia di siti (appartamenti) appartenenti a diversi proprietari con diverse esigenze, un VPS o un Server Dedicato è una casa o una villa di un unico proprietario.

Molto spesso il vantaggio dello scegliere un hosting condiviso è derivato esclusivamente di un minor costo annuale ed una gestione outsourcing tutto incluso di tutta la parte sistemistica nella gestione di tutti i servizi (web, mail solitamente) senza costi aggiuntivi.
Vien dunque da chiedersi, perchè esistono aziende che dopo un’accurata analisi decidono di intraprendere la strada del server dedicato o del VPS (Virtual Private Server n.d.t.), quando l’hosting condiviso sembra esser la panacea di tutti i mali a costi decisamente irrisori che oscillano dai 10 ai 50 euro l’anno ?

La risposta è che ogni soluzione comporta dei vantaggi e degli svantaggi e ogni strumento ha una determinata funzione in relazione all’obiettivo da raggiungere.

Se continuassimo dunque il parallelismo tra hosting condiviso e vivere in condominio ci troveremo di fronte alle seguenti limitazioni.

  •  Condivisione delle risorse tra i vari “abitanti del server”.
    Come in condominio esistono delle risorse condivise in cui l’utilizzo non è garantito al singolo utente ma appunto condiviso tra i vari ospiti che sono presenti sullo stesso server.Avere risorse condivise consiste nell’impossibilità di determinare e prevedere quali e quant risorse saranno disponibili in un preciso momento. Non ci è dato infatti sapere quali risorse allocheranno gli altri ospiti del server e quante ne rimarranno disponibili per noi. Ciò può determinare inefficienza del nostro sito web (imputabile a colpe non nostre) o addirittura indisponibilità delle risorse che si traduce in lentezza del sito fino ad arrivare alla non visibilità.
  • Minor grado di sicurezza.
    Come in condominio, la sicurezza del nostro sito web viene messa a dura prova nonostante le accortezze prese in fase di sviluppo. E’ infatti cosa comune (sopratutto in hosting condivisi standard che non hanno attuato un sistema di separazione privilegi) che violando la sicurezza di un hosting condiviso (appartamento), si possa violare la sicurezza degli altri siti ospitati nello stesso server (ovvero altri appartamenti).
  • Limitazione nella libertà di scelta per modifiche tecniche.
    Come in condominio, non si ha la possibilità di fare modifiche sostanziali. Potete scegliere come arredare il vostro appartamento, ma non potrete ad esempio decidere da soli di come ritinteggiare l’intero stabile, di installare un ascensore più grande, o di installare una sedia scorrevole per salire le scale senza aver prima ascoltato il parere e ricevuta l’approvazione degli altri condomini.
    A livello sistemistico ciò potrebbe significare che nel caso vorreste fare modifiche sostanziali per (aggiornare, migliorare) il vostro sito come ad esempio installare un cacher, aggiornare la versione dell’interprete PHP, installare moduli PHP personalizzati, cambiare Webserver (ad esempio il performante NGINX al posto del classico Apache), non avrete nessun margine di manovra. Dovrete cioè accontentarvi di ciò che normalmente è lo standard in ambito hosting, e che di default l’hoster fornisce.
  • Elevata probabilità di finire in blacklisting
    Può capitare che qualora un utente sul nostro server decida di inviare newsletter non idonee, o qualche hacker lo faccia a suo posto al fine di fare spamming (magari dopo che è stato oggetto del furto delle password di posta). A quel punto le liste antispam di tutto il mondo segnaleranno l’IP in oggetto (su cui siamo anche noi) come malevolo e non riusciremo più per un arco di tempo che normalmente oscilla tra le 3 e le 12 ore a recapitare le nostre email.

Scegliere un hosting condiviso dunque significa in pratica “affidarsi alla sorte”, laddove sorte significa appunto la casualità o meno di imbattersi in un server con “coinquilini” rispettosi che siano in grado di non intasare il server (e dunque limitare le vostre performance) e un amministratore di sistema capace in grado di diagnosticare eventuali utenti problematici ed isolarli dai restanti clienti.

Viceversa scegliere un VPS o un server dedicato significa avere il controllo totale di tutto il server, del software a corredo nonchè della configurazione dei vari servizi.
E’ ovvio che gestire un servizio dedicato (sia esso Virtuale o Dedicato) comporta un dispendio di risorse (anche economiche) maggiore a vantaggio appunto di una libertà totale nonchè l’evitare tutti quei contro pocanzi elencati.

Con l’avanzare degli anni però, con la nascita di servizi managed si può realmente disporre di servizi ottimali configurati ad-hoc in base alle esigenze del cliente a prezzi irrisori sopratutto per attività professionali.

Vien da chiedersi infatti quale possa essere il problema nell’investire (investire, non spendere badate bene) una cifra che oscilla sulle 500 euro annuali ad un azienda che vende online o offre servizi professionali e deve attenersi a standard qualitativi ben più elevati dell’utente privato o del ragazzino che ha un sito internet per hobby.
Oltretutto disponendo di un servizio dedicato si può avere garanzie di intervento e un’assistenza più immediata che giustamente non si può pretendere (ne viene menzionata nei soliti contratti) in un servizio hosting condiviso di tipo best effort.

Riassumendo dunque :

Con l’espressione hosting condiviso (in inglese shared hosting) si intende la forma classica di hosting in cui un unico server è destinato ad ospitare una pluralità di siti web (a volte anche diverse centinaia se non addirittura migliaia) appartenenti a diversi titolari.

Nell’hosting condiviso tutti i siti web presenti sullo stesso server devono, ovviamente, condividere le capacità e le risorse della stessa macchina con il rischio che i problemi di un singolo sito web si riflettano anche su tutti gli altri.

L’hosting condiviso è la scelta tipica per siti web a basso traffico oppure destinati ad un uso non professionale. Per chi fa business con internet ed ha bisogno di garanzie di continuità di servizio potrebbe essere preferibile un hosting dedicato.

I 30 plugin wordpress più utilizzati

WordPress è un sistema open source per la gestione che agisce come un efficace strumento di pubblicazione. Viene fornito con impostazioni predefinite diverse e funzionalità, che permette agli utenti di creare e mantenere un blog o un sito web comodamente. WordPress è sviluppato in PHP con database MySQL come backend.

WordPress è un sistema di blogging ampiamente utilizzato su Internet oggi. Alcune delle sue funzionalità avanzate includono una facile installazione di software e upgradations a versioni più recenti, la protezione con password di tutti i messaggi, i commenti da parte dei visitatori, protezione anti-spam, progetti di risparmio, l’anteprima dei messaggi, più autori con differenti privilegi, temi, collegamenti, bookmarklet, a più pagine postes, importazione struttura e molti altri.

Dal momento che WordPress è un sistema open source, gli utenti possono estendere le proprie capacità e usarlo secondo le loro esigenze. WordPress è costituito da centinaia di plug-in che consentono di raggiungere questo obiettivo. Con l’aiuto di plugin, è possibile estendere le prestazioni e le funzionalità di WordPress. Caratteristiche personalizzate e le funzioni del plugin facilitare gli usi di personalizzare il loro sito, a seconda delle esigenze specifiche. Ulteriori informazioni sui 30 plugin di WordPress più popolari in questa infografica.

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